Un viaggio tra musica e parole
Un palco praticamente spoglio, due attori e la musica.
“Il Sogno di un’Italia” di Andrea Scanzi e Giulio Casale è un viaggio nel ventennio 1984-2004 descritto con brillantezza e spontaneità.
Le danze vengono aperte dai primi anni ’80, da una reinterpretazione di un malinconico Ivano Fossati e della figura di Enrico Berlinguer.
Un uomo, un’ideologia. Morto per il concetto di democrazia, martire moderno che fino all’ultimo ha seguito una vocazione. Amante dei comizi e del contatto con il popolo, pur di terminare un discorso cittadino, rimase sul palco nonostante il malessere incipiente. Che poche ore dopo l’avrebbe ucciso. Un uomo che ha saputo lottare e vivere per qualcosa in cui credeva e per un’Italia diversa. Persone che diventano icone di una società, in grado di generare attorno a loro un senso di appartenenza.
Figure che – è il ragionamento di Scanzi-Casale – si possono trovare nel cinema, la citazione è per Troisi, o nello sport, con pezzi di storia moderna come Ayrton Senna e Marco Pantani. Quando queste muoiono una parte di noi, del nostro essere tessere del mosaico societario, se ne va. E la serie di scomparse che ha caratterizzato il ventennio oggetto di analisi ha provocato un senso di malessere nel Paese, caratterizzato da un declino di valori che pare non interrompersi.
Se questa valanga ha coinvolto la politica, lo stesso si può dire della musica. Il predecessore musicale delle sonorità degli eighties è stato il cantautorato, da Bob Dylan a Ivano Fossati, da Leonard Cohen a Francesco De Gregori. La musica d’autore, espressione del sentore politico e culturale del tempo, ha – come sosteneva Pasolini – un potere magico, abiettamente poetico. Lo stesso Pasolini parlava del mondo delle canzonette come di un qualcosa di sciocco e degenerato. Caratteristica quest’ultima che impregna il ventennio musicale preso in considerazione. Non si vuole più esprimere un sentire comune, ci si vuole divertire a ritmo di “Vamos a la playa”, ascoltando musica ‘leggera’ nel senso letterale e meno nobile del termine.
L’intento del prosatore Scanzi, ma anche di Casale e della sua chitarra, è proprio quello di provare a demolire l’idea dell’inellutabilità di questa degenerazione che caratterizza l’Italia. Di smentire tanto il regista Mario Monicelli e i suoi moniti antisperanza, quanto Ferruccio Parri, figura dalla grande forza d’animo che alla fine di un’intensa carriera politica (e di notevole spessore umano) giudicò l’Italia «irrecuperabile».
Quello del binomio Scanzi-Casale è un percorso storico avvincente, per nulla retorico, in grado di raccontare in modo diverso e innovativo un ventennio complesso caratterizzato da episodi, politici e non, poco piacevoli, spesso tragici.
Due attori con peculiarità diverse: Scanzi e il savoir faire narrativo, Casale la mimica espressiva e la voce calda.
Un connubio felice.