Manca qualcosa. Qualcosa che è indispensabile per il Natale. Manca ma è comunque presente, in modo allusivo. Mai visto un albero di Natale fatto di bottiglie di plastica? Certamente, sul palcoscenico, tutto sembra possibile. Ma in uno dei balletti più noti e tradizionali come Lo Schiaccianoci? Funziona benissimo. Anzi, uno dei grandi classici della tradizione romantica russa con la musica intramontabile di Tchaikovsky si avvalora così di nuovi significati e sembra più attuale che mai. Ne ha dato la prova il Balletto di Roma.
Un muro, bidoni e rifiuti: l’insolita ambientazione sulla strada periferica di una metropoli del primo atto è in netta contraddizione con la scena festosa della versione tradizionale. La tensione tra due strati sociali agli antipodi viene trasmessa da un muro imponente. Eppure, appena i ragazzi senzatetto, tra cui la protagonista Clara, cominciano a ballare, l’atmosfera si rallegra: i ballerini trasmettono l’infantile gioia dell’attesa della grande festa. La coreografia di Massimiliano Volpini, pur essendo adeguata al contesto moderno tramite uno stile naturale e disinvolto, non prescinde da combinazioni tipiche della danza classica.
Al gioco di stile si affianca il gioco di materiali caricati di significati simbolici come l’albero, che è centro dell’allegria dei ragazzi ma nello stesso tempo rappresenta lo scarto di una città. La creatività della scenografa Erika Carretta si manifesta anche nell’ammasso di biciclette che scende dal soffitto. Velato e illuminato sembra (rimanendo nella simbologia natalizia) una grande stella o (nel contesto nobile del secondo atto) la raffigurazione di un lampadario a corona.
Nel passaggio dal mondo povero di una parte del muro all’ambiente sfarzoso dell’altra, è di nuovo l’albero ad avere un ruolo cruciale. Grazie alla forza liberatoria dello schiaccianoci, Clara riesce a spingere una parte del muro, quella che delinea la sagoma di un albero. Pian piano questa si stacca dal resto del muro. Si apre così la porta al mondo magico e onirico del
secondo atto.
Il lampadario di biciclette si adorna di rose, dal porta-albero vengono fuori uno dopo l’altro, come dei regali, i protagonisti delle danze del mondo. Più vicino all’originale, il secondo atto non è più sorprendente come il primo. Tuttavia, spicca il carrello di supermercato che nel primo atto fungeva da strumento di battaglia nelle lotte in strada e che ora diventa un carro di trionfo della forza dell’amore e dei desideri. E ci si accorge che un vero e proprio albero di Natale non è necessario per sentire lo spirito natalizio.