Tra luoghi comuni e cliché si snodano le battute, a volte fin troppo banali, di questa commedia che per scenografie, costumi e luci sembra più avvicinarsi ad una sit-com televisiva che ad uno spettacolo teatrale.
La famiglia è il tema cardine attorno al quale la vicenda prende il via e si conclude. Una famiglia così tradizionale e standardizzata che impedisce allo spettatore di immedesimarsi. Quest’ultimo, infatti, si riduce a mero osservatore portato, a volte, alla risata da scenette comiche all’italiana che tentano di compiere delle variazioni sul tema.
Serena, interpretata da una Lorella Cuccarini molto legata al musical ed alla televisione, incarna la figura della “donna”: una mamma che dedica ogni attimo della sua vita a suo marito ed ai suoi due figli, che ha rinunciato alla sua carriera da architetto e che è fin troppo presente. Giulio (Gianpiero Ingrassia) invece è “l’uomo”: medico, impegnato a tempo pieno nel lavoro, poco attento a tutto ciò che riguarda la casa. Tiziana e Matteo (Raffaella Camarda e Francesco Maria Conti) chiudono il quadretto familiare, due ventenni universitari molto infantili e poco realistici. A completare l’insieme dei personaggi troviamo un paziente di Giulio (Fabrizio Corucci) ossessionato dalle sue fobie, che, con le sue battute, cerca di movimentare la ripetitività delle scene. Questi attori-stereotipi si muovono in un arco temporale fin troppo ampio.
Al termine dell’intera commedia vi è una trasformazione delle caratteristiche di ogni personaggio dovuta ad un evento inaspettato, anche un po’ trascurato per essere lo snodo della vicenda. Così, le maschere fisse cambiano magicamente volto ed atteggiamenti. Quel “Mi ami perché hai bisogno di me” pronunciato da Serena si ribalta nell’immagine della famiglia felice che balla e ride sulle note di “Shout” dei Tears for fears rimandando ai “mitici anni ottanta”.
In sintesi, descriverei questo spettacolo come un tentativo di avvicinare più persone possibili al teatro tramite la messa in scena di una commedia semplice, poco profonda, interpretata da personaggi che in un modo o nell’altro sono entrati nelle case degli italiani, una commedia che tenta di impressionare tramite scenografie elaborate, giochi di luce e suoni; lontana, però, da quel teatro con la “T” maiuscola capace di emozionare e di lasciare il segno.