Trascendi e sali | visto da Matteo Dagnino

«Bravo, bravissimo. Ma che mal di testa!», «Un genio. Ma che fatica!», «Tu ci hai capito qualcosa? Perché io no.». Ecco alcuni commenti a caldo, raccolti all’uscita del teatro. I critici, noi, il pubblico di «Trascendi e Sali» di Bergonzoni. Non sono proprio le reazioni che ci si aspetterebbe di ascoltare in coda ad un monologo comico.
Certo, sapevamo che il comico in questione fosse unico nel suo genere. Ma finire addirittura spossati, nel corpo e nello spirito, ci pare un po’ eccessivo. D’altronde, eravamo venuti per essere intrattenuti, mai più ci saremmo aspettati di trovarci sconquassati e doloranti. Com’è successo?
Si evince facilmente che assistere ad uno spettacolo di Bergonzoni non è una passeggiata. Anzi. L’immagine di una metafisica ed ardua scalata verso un ignoto Altrove, evocata dal titolo dell’opera, meglio rappresenta l’entità del percorso che l’autore-attore bolognese propone al suo pubblico. Ovviamente non è una richiesta da poco. Ma Bergonzoni ne è consapevole, ed evita che le difficoltà si trasformino in irrigidimento o resistenza con un’arma dall’inarrivabile potere persuasivo: la comicità. La sua, inconfondibile, irresistibile.
Fatta di giochi di parole, ora sferzanti ed immediati come freddure, ora cervellotici ed intricati. Tra esplosioni dii ilarità a bruciapelo e risolini ritardatari e a denti stretti, il risultato è un incessante e variegato fragore di risate che pervade la sala, durante tutto uno spettacolo che, per intenderci, tratta temi quali: la morte; l’Aldilà; il senso della vita; i casi Cucchi e Regeni; i fenomeni dei flussi migratori provenienti dall’Africa, della violenza sulle donne, del consenso dilagante verso i nuovi movimenti di estrema destra in Europa; l’unico essere umano nella storia ad essersi trovato a Vipiteno, di giovedì, alle 8:30, in calzamaglia, a cavallo di una giraffa.
Insomma, non è solo non-sense o umorismo surreale, non è solo critica sociale o satira, non è solo introspezione o ricerca antroposofica. E’ tutto questo assieme. Tentare di comprendere, di sbrogliare la matassa, di fronte a un testo che contiene tanti aspetti e produce tanti effetti, sarebbe limitante. Occorre lasciarsi coinvolgere, travolgere e stravolgere.
E allora, sì. Forse è giusto che noi, il pubblico di «Trascendi e Sali» di Bergonzoni, alla fine ci ritroviamo col volto contratto per il troppo ridere, la testa confusa per il troppo pensare, la pancia sottosopra per il troppo sentire. In una parola: affaticati. Come dopo una scalata.

Bologna, 30 ottobre 2018