Dopo il grande successo de ‘La scuola’, riportato in scena, a un trentennio dall’esordio, due anni fa e tuttora in tournée, Silvio Orlando con il nuovo spettacolo ‘Lacci’ ritorna alla scrittura di Domenico Starnone e penetra da un’altra porta le crepe e le fragilità del mondo in cui viviamo: la famiglia, dove cova ogni giorno la minaccia di crollo per un cosmo ben più grande di quello racchiuso tra le mura di casa.
La storia infatti ripercorre le attese, le sconfitte, i ripensamenti interni ad un amore e alle sue conseguenze, e porta già nei nomi una promessa di rovina. Una tragedia contemporanea, quasi, mascherata da commedia. «Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie». Si apre infatti così, con parole definitive, la lettera che Vanda scrive al marito che se n’è andato di casa, lasciandola in preda a una tempesta di rabbia impotente e a domande che non trovano risposta. Si sono sposati giovani all’inizio degli anni Sessanta, per desiderio di indipendenza, ma poi attorno a loro il mondo è cambiato, e ritrovarsi a trent’anni con una famiglia a carico è diventato un segno di arretratezza più che di autonomia. Perciò adesso lui se ne sta a Roma, innamorato della grazia lieve di una sconosciuta con cui i giorni sono sempre gioiosi, e lei a Napoli con i figli, a misurare l’estensione del silenzio e il crescere dell’estraneità.
Domenico Starnone ci regala una storia emozionante e fortissima, il racconto magistrale di una fuga, di un ritorno, di tutti i fallimenti, quelli che ci sembrano insuperabili e quelli che ci fanno compagnia per una vita intera.