TEATRO DEL PORTO

versi, prosa e musica di Raffaele Viviani

Dopo il successo di Viviani Varietà, Massimo Ranieri e Maurizio Scaparro affrontano ancora una volta il grande drammaturgo Raffaele Viviani

Con questo spettacolo si è voluto rendere omaggio all’opera del grande drammaturgo Raffaele Viviani con le sue poesie, parole e musiche. La Napoli che viene portata in scena è la stessa cui, già cent’anni fa, Viviani guardava con amore e ironia, descrivendola con crudo realismo e squisita sintesi di linguaggio. Ad essere rappresentata è la teatralità degli emigranti, degli zingari, dei pescatori, dei guappi, dei gagà, delle cocotte, delle prostitute, insomma, il mondo della strada ovvero quel mondo che per primo e più fortemente colpì la fantasia dell’Artista. Una gran folla di personaggi e di figure, veri e propri blocchi umani e sociali, popolano le sue opere; Viviani analizza ed esprime questo mondo dal di dentro, realizzando una serie di ritratti di sconvolgente evidenza drammatica poiché sono uomini e donne «comuni» che non nascondono nulla e rivelano fino in fondo la tragica verità della loro esistenza.

Un motivo di costante ispirazione è l’emigrazione, la sorte nera degli esuli. Gli emigranti! Questi personaggi che hanno riempito delle loro penose vicende di fatiche e di dolore decenni della storia d’Italia, entrano realisticamente nella letteratura popolare grazie al contributo di questo grande poeta e commediografo napoletano. I contadini, gli artigiani, gli operai, sradicati dal loro ambiente naturale, costretti ad espatriare, lo fanno con dolore e angoscia, avendo piena coscienza che se le cose andassero in maniera giusta, essi troverebbero da vivere nel loro paese, non si venderebbero come schiavi, in terre sconosciute e infide, sfruttati da padroni spietati.

E anche i guappi di Viviani sono personaggi senza eroismo e privi dì spirito avventuroso e cavalleresco; il loro segreto obiettivo (neppure tanto segreto, in fondo) è quello di trovare una sistemazione, un lavoro, un vero e normale lavoro. Viviani, tuttavia, osserva anche l’altro lato del problema e vede l’uomo di malavita, il vero camorrista magnaccia, mariuolo, violento, sopraffattore, frutto anch’esso di una società dominata dalla legge dell’arbitrio e del privilegio. In questo caso il suo sguardo si appunta con spietata acutezza sul personaggio e il ritratto che ne sorge è di una verità inquietante.

E infine le donne di Viviani. Sono popolane semplici, argute, sensuali, spicciative e non si pongono angosciosi problemi sentimentali da risolvere; si tratta di donne schiette, popolane che vivono nella strada: fruttarole, sarte, lavandaie, «capere», venditrici ambulanti che suscitano e sentono amori e desideri concreti. Gli amori, nella poesia e nel teatro di Viviani, si svolgono all’aperto, sotto il sole della città, nelle campagne infuocate o vicino al mare. Ma c’è anche l’amore «fatto in casa», nei bassi sordidi, pieni di gente così come c’è l’amore struggente delle prostitute, che hanno bisogno di calore e di protezione, che vogliono illudersi d’avere al loro fianco un uomo pronto a menare le mani per farle rispettare: Bammenella è una di queste.

Le storie raccontate da Viviani, insomma, sono storie di miseria, di soprusi, di amori, di famiglie in rovina, di emigrazione eppure attraverso le parole, poesie e musiche risultano attuali oggi come all’epoca e sembrano accompagnare lo spettatore verso il presente, anzi, verso il futuro.

Note di regia

Esiste in alcuni di noi la memoria storica o il lontano ricordo di una Napoli vissuta mentre già stava cambiando. Questa preziosa memoria è stata, per Massimo Ranieri e per me, il primo filtro ma anche lo stimolo, dopo la felice esperienza di Viviani Varietà, per continuare a lavorare su un nuovo spettacolo che potesse avere come testimonianza di questo mondo, così ricco, la figura stessa di Raffaele Viviani attraverso il suo teatro (particolarmente quello degli atti unici), le sue parole, il suo canto scenico privilegiando così quel vitalissimo giacimento culturale e musicale che era la Napoli dei quartieri, quella parallela urbana (aperta all’influenza e alle commistioni con il teatro e il Varietà europeo) e di un altro sud che premeva sulla città.

È nato così Teatro del Porto pensando ad uno spazio neutro sospeso tra il mare e la terra (quasi un “porto delle nebbie” come l’abbiamo chiamato durante le prime prove) uno spazio che favorisse lo scambio di conoscenza e di speranze che veniva dal mare e dove vorremmo che Raffaele Viviani ci portasse per mano attraverso il suo teatro e la sua musica per ricordare sogni e delusioni di una grande città, e per accompagnarci verso un futuro già cominciato scoprendo, anche grazie a lui, parole vecchie e nuovi significati come “mediterraneo”, “emigrazione” e, con un po’ di ottimismo, anche “cultura” e “teatro”.

Maurizio Scaparro

La durata dello spettacolo è di 2 ore e 20 minuti con intervallo.

venerdì 24 febbraio 2017 | ore 21

sabato 25 febbraio 2017 | ore 21

domenica 26 febbraio 2017 | ore 16

Gli Ipocriti

Massimo Ranieri

e con Ernesto Lama, Angela De Matteo, Gaia Bassi, Roberto Bani, Mario Zinno, Ivano Schiavi, Antonio Speranza e Francesca Ciardiello

orchestra Ciro Cascino (pianoforte) | Luigi Sigillo (contrabbasso) | Donato Sensini (fiati) | Sandro Tumolillo (violino) | Giuseppe Fiscale (tromba) | Mario Zinno (batteria)

elabroazioni e ricerche musicali Pasquale Scialò

scene e costumi Lorenzo Cutuli

disegno luci Maurizio Fabretti

coreografie Giorgio De Bortoli

regia Maurizio Scaparro

BIGLIETTERIA

Dal martedì al sabato dalle ore 15 alle 19 e da un’ora prima dell’inizio degli spettacoli.
APERTURA STRAORDINARIA: lunedì 29 maggio dalle 15 alle 19.